Cascina Merezzate, realtà rurale della Zona 4

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nello scorso articolo abbiamo analizzato l'origine e la storia antica di questo borgo; qui di seguito ci occuperemo di come l'area si sia modificata nello scorso secolo, il ventesimo.
Fino alla fine del diciannovesimo secolo, la grande ricchezza di acque aveva favorito nella parte sud della tenuta la coltura delle marcite, e quindi l'allevamento del bestiame e la produzione del latte; nella parte nord invece predominava la coltivazione della vite.
Ma nella seconda metà del secolo la città si fece sempre più vicina, e le nuove linee ferroviarie si incunearono nel territorio di questo borgo, e agli agricoltori non restò che convertire le coltivazioni in ortaglie; questa decisione, tuttavia, si sarebbe in seguito rivelata per essi vantaggiosa.

La vicinanza alla città consentì infatti agli ortolani di Merezzate il rapido trasporto di prodotti freschissimi al mercato ortofrutticolo di Milano che, all'inizio del ventesimo secolo, si trovava al Verziere, ma che, pochi anni dopo, sarebbe come noto stato spostato nell'area di Largo Marinai d'Italia, ad una distanza estremamente breve dal borgo di Merezzate.
Queste circostanze portarono alla nascita del fenomeno delle "streppagarotoi" (ossia le "strappacarote").

Si trattava di donne, più o meno giovani, provenienti dalle zone più povere del cremonese, che venivano ingaggiate dagli ortolani di questo borgo per la stagione dei raccolti: si fermavano nelle cascine per vari mesi, e dormivano in baracche costruite sul luogo appositamente per loro.
Il loro duro lavoro era accompagnato da canti particolari, e la sera i giovanotti della zona corteggiavano le "strappacarote" con notevole insistenza, aggirandosi attorno alle suddette baracche.

La proficua attività degli ortolani proseguì ininterrotta fino agli Ottanta del ventesimo secolo, in quanto il Comune di Milano, che ne divenne proprietario nel 1972, dispose che il cascinale e le sue terre venissero mantenute a fittanza.
Parte del podere, che arriva fino al confine con la proprietà Montedison detta Montecity, venne abbandonata nel corso degli anni, ed è ora ridotta a macchia cespugliosa e rinselvatichita. Vi si insediarono animali quali il fagiano e il coniglio selvatico, ma anche la vipera e il topo.
Ai nostri giorni il podere di Merezzate è condotto dalla famiglia Pagani, ivi residente da decenni. Una parte dell'area è coltivata a granaglie e una parte è riservata all'ortofloricultura in serra.
Ed è proprio una serra a dare il benvenuto a chi si avvicina alla tenuta, percorrendo la stradina privata che si distacca dalla via Cascina Merezzate per raggiungere quello che è tuttora il civico 52 della via Bonfadini, per quanto non si affacci direttamente su di essa.

Vi si trovano gli edifici rurali, vetusti ma ben conservati, che la componevano fin dai secoli passati: due corpi di fabbrica, uno più grande con pianta ad L, l'altro più piccolo a pianta lineare, sono vicini ed hanno entrambi un fronte che dà sulla stradina d'accesso; un terzo è posto più a sud, all'interno del fondo.
L'edificio più grande, a due piani, ospita le abitazioni e alcune rimesse con il soprastante fienile; quello vicino, più piccolo, è adibito a deposito; infine il rustico più a sud è adibito a fienile, con un locale per la stalla. Attorno a questi edifici si è conservata una baracca che ai tempi d'oro dell'orticoltura servì ad acquartierare le ragazze "strappacarote".
La parte abbandonata del podere è stata di recente coinvolta nel progetto di prolungamento della Strada Statale Paullese, che passerà, sembra in trincea, pochi metri a sud di ciò che resta dell'antico borgo di Merezzate, area rurale a un passo dalla grande città.